lunedì 9 novembre 2009

La Missa



Non capita così spesso di vedere duemilacinquecento persone mettersi in fila ordinatamente per recarsi a messa di lunedì sera. E’ successo ieri l’altro all’auditorium Parco della Musica dove Antonio Pappano ha aperto la stagione sinfonica dell’Accademia Nazionaledi S.Cecilia con la Missa Solemnis di Ludwig van Beethoven. “Von Herzen möge es zu herzen gehen” “ Dal cuore possa andare ai cuori” così recita in calce al Kyrie della Missa la parola di Beethoven che come è noto, ponderava accuratamente simili iscrizioni sulle sue partiture. Al contrario rispondeva in modo sprezzante agli interlocutori che lo interrogavano in modo petulante per avere notizie sulla prima esecuzione della Messa, capolavoro misterioso , autentica sfinge dell’opera del genio di Bonn. Infatti la genesi delle composizioni del più grande uomo comparso nella storia della musica fu sempre estremamente tormentata e massimamente per questa che egli stesso considerava il suo lavoro più compiuto e riuscito. Dal 1819 al 1823 egli vi lavorò a più riprese. E sono anni cruciali che vedono la nascita degli ultimi quartetti, della nona sinfonia, delle ultime sonate per pianoforte. Sono lavori che proiettano la musica verso orizzonti nuovi ma senza troncare il cordone ombelicale con il passato piuttosto facendo implodere dall’interno le forme musicali che di volta in volta incarnano. Charles Rosen negli anni sessanta e più recentemente Piero Buscaroli avevano indicato nella missa la summa della musica beethoveniana . Buscaroli si spinge oltre definendola apice dell’intera musica occidentale e paventandone la sua riduzione a merce pubblicitaria così come capitato alla nona sinfonia, auspica che possa rimanere protetta dal tritatutto sonoro del mondo moderno. Credo che possa dormire sonni tranquilli perché la Missa si protegge da sé. Se ne è avuta conferma nella esecuzione di Antonio Pappano che alla guida dei fantastici “akademiker” ne ha disvelato la matassa musicale che è davvero densa come un fascio di antimateria. Non credo che questa composizione possa mai diventare un jingle e per una ragione molto semplice. Il materiale tematico è talmente rarefatto da rendere impossibile la sua immediata riconoscibilità. Eppure in questa sovrumana densità si avverte la presenza di Gesù, uomo d’azione così come lo è la musica beethoveniana la cui fede incrollabile nell’azione umana tende sempre ad una positività che pur nella tragedia e nel dolore indica sempre una speranza che qui è la parola di Dio. Si è parlato spesso di una presunta laicità della religiosità di Beethoven a mio avviso (ma sono in buona compagnia) a sproposito. Come rilevava giustamente Fedele d’Amico in un articolo che figura nell’eccellente programma di sala, “…dai binari dell’ortodossia cattolica la nostra (messa) non diverge un solo istante. C’è il Padre e c’è il Figlio…C’è il peccato, c’è l’uomo peccatore e supplice davanti a un mediatore chiaramente personale (dunque niente immanentismo)…com’è cattolico il fatto che l’intimità della preghiera non escluda ,luteranamente, l’irruzione di gesti estroversi, in senso lato teatrali (che non vuol dire operistici).” Ed è proprio questa la chiave attraverso cui Antonio Pappano si è gettato dentro questa materia vivendola dal di dentro con cuore testa e anima, quella di uomo di teatro permeato di cultura tedesca. E ne è uscito vittorioso, se pensiamo che questo monumento sonoro terrorizzava giganti del calibro di Klemperer, Furtwangler, De Sabata. La serata è stata un trionfo ed una esperienza religiosa di notevole impatto. Per la prima volta da quando frequento le sale da concerto romane non ho sentito un colpo di tosse, mai avevo visto un pubblico così attento e religiosamente silente. Al termine del Gloria poi, un silenzio attonito ha preso possesso della sala S.Cecilia, era il silenzio partecipe e commosso dell’umanità di fronte al mistero della fede. Mistero che rimane incastonato in questa partitura come un diamante attorno cui l’opera di Beethoven brilla di luce propria nella storia della musica occidentale.
Esito trionfale dicevamo e non soltanto grazie a Pappano e i meravigliosi “akademiker” ma anche al coro e ai solisti Emma Bell, Anna Larsson, Roberto Saccà e Georg Zeppenfeld , compagnia di prima grandezza e senza eccezioni totalmente all’altezza del gravoso impegno. La messa è finita, andiamo in pace. Grazie Beethoven, grazie Pappano, insieme a voi rendiamo grazia a Dio.

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