mercoledì 14 ottobre 2009

Pollini torna a casa

Un anno fa infatti iniziavo la mia collaborazione con “Il Riformista” commentando un’intervista di Giuseppina Manin a Maurizio Pollini sulle sorti della musica del ventesimo secolo. “La cultura ha trascurato la musica del 900” era il titolo dell’articolo dove il Maestro, lamentando la scarsa considerazione riservata alla musica contemporanea nel secolo scorso ne auspicava una maggiore diffusione in questo. Attività perseguita da Pollini nell’arco di una carriera quarantennale che non conosce soste o appannamenti ed anzi continua a dispensare a piene mani (e che mani) la sua arte. Polemizzando sulla tesi delle responsabilità culturali nel predominio dei secoli passati nell’offerta musicale odierna, cercavo di spostare l’attenzione sul valore universale dei classici di cui egli è interprete sommo. Così leggendo il titolo di questa nuova intervista uscita sabato sul Corriere :“Classici irrinunciabili ma curiosità verso le novità” mi è sfuggito un gemito di piacere e mi sono precipitato ad acquistare l’ultima fatica discografica del nostro eccelso pianista. J.S.Bach (1685- 1750) Clavicembalo ben temperato, libro primo. Un doppio cd Deutsche Grammophone da ben ventinove euro. Suonare, leggere uno spartito equivale ad entrare nella testa di colui che ha impresso quei segni che vediamo sul pentagramma. Concetto valido in generale e massimamente per la musica del genio di Lipsia che di un’opera teorica e dalla finalità ordinatrici e legislative(veramente solo un tedesco poteva concepire un simile monstrum) riesce a fare una summa della sua poetica andando molto oltre le finalità estetiche dichiarate e raggiungendo un vertice espressivo che lancia definitivamente la musica verso traguardi prima impensabili. Qui nasce la musica come noi la conosciamo. Tutta. Da Mozart ad Elton John. I due libri del Wohltemperierte Clavier come è noto non sono scritti per il pianoforte (che non era stato ancora inventato)ma genericamente per una tastiera (clavier), né si specifica se debba essere quella di un organo piuttosto che un clavicembalo. Non bisogna però stupirsi di un simile caso chè raramente in Bach troviamo indicazioni precise in tal senso. Sappiamo ad esempio la destinazione clavicembalistica del Concerto Italiano o delle Variazioni Goldberg mentre più spesso è l’organo lo strumento designato per corali, fughe e toccate ma non sappiamo di quale tastiera si parli anche per opere fondamentali quali le Partite, le Suites Inglesi, le Invenzioni, ed appunto anche il Clavicembalo ben temperato. Grave? No. Bach non scrive per la tastiera che è e rimarrà sempre un mezzo nelle sue mani, ciò che gli interessa è ordinare quel sistema temperato “…per coloro che sono già esperti in quest’arte” scrive nella dedica dello spartito. Una novità questa. E una buona occasione per sfatare un luogo comune falso e stantìo. Cioè che J.S.Bach fosse stato per circa settant’anni un musicista obliato e recuperato solo nel 1829 allorchè Felix Mendelssohn Batholdy (1809-1847) ne diresse la Passione secondo Matteo rivelandone al mondo il genio. Bach, come sa ogni pianista seppur dilettante che abbia intrapreso i primi passi nell’apprendimento dello strumento, è il pane quotidiano di ogni allievo, e non da adesso chè Beethoven stesso se ne nutrì tutta la vita. A parlare letteralmente di “pane quotidiano” è proprio uno dei musicisti più colti e “musicologi”, Robert Schumann che nei suoi “Insegnamenti ai giovani studiosi” ne raccomanda il consumo appunto giornaliero. Certo solo in epoche moderne si è capito che questi 48 preludi e fughe, che codificano il sistema temperato in modo tale che ancor oggi non si è andati oltre, si potevano eseguire tutti insieme e davanti ad un pubblico. Ma già Edwin Fischer, il primo pianista ad incidere su disco il ciclo ebbe un illustre precursore nel genio suicida di Anton Rubinstein che già sul finire del secolo decimonono eseguì in concerto l’integrale dei due libri di preludi e fughe di cui consta l’opera. Da Fischer in poi Il Clavicembalo ben temperato è diventato un monumento con il quale tutti o quasi i grandi interpreti si sono confrontati ed anzi anche il suo recupero clavicembalistico, compiuto negli anni cinquanta da Wanda Landowska, si deve in parte al successo che Fischer ed altri pianisti avevano ottenuto. Pollini dopo aver circumnavigato il globo della storia della musica spingendosi oltre le colonne d’ Ercole della tonalità nella sua ricerca volta all’esplorazione della musica del novecento, torna là dove il suo viaggio era iniziato, all’origine, alla causa prima di quel mondo che il maestro milanese ha esplorato dall’interno. E il risultato è un Pollini che non ti aspetti, che senti canticchiare e respirare, che se la prende calda e pesante, che sin dal primo preludio in do maggiore (uno dei pezzi più famosi della musica di tutti i tempi) ci parla di un Bach trasfigurato e reso vivo dalla parola di Beethoven. Ecco solo ascoltando Pollini ho capito come Beethoven poteva suonare questa musica e perché la amava e si attardava in casa di amici chiedendo di poter :”…suonare ancora qualche preludio e fuga prima di coricarsi, come una buonanotte”. Ed infatti nel N.2 in do minore sentiamo tutta la tragicità già prebeethoveniana di questa tonalità. Ma la mano di Pollini è pesante solo quando deve e nel preludio N.3 in do diesis maggiore (allegro veloce e leggero) ci trasporta con un secolo di anticipo nel mondo dello studio chopiniano, mondo che Pollini ha portato alla perfezione già trent’anni orsono. Ma c’è anche il novecento in queste pagine e l’incipit della Fuga N.24 , con il suo cromatismo, è resa da Pollini come il germe di quella “serie” che egli come nessun’altro ha cercato di diffondere.Potrei continuare un preludio e fuga dopo l’altro ma Pollini lo fa molto meglio di me e so già che volete correre in discoteca a comprare questo (caro) ma assolutamente irrinunciabile doppio cd. Un’ultima nota. Questa musica non la trovate da scaricare in rete ma volete mettere il piacere di entrare in una discoteca ed uscirne con in mano l’oggetto del vostro desiderio? Cose d’altri tempi, come la musica vera.

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